penne stilografiche montegrappa social a colloquio con Diana Aquila

Penne stilografiche MONTEGRAPPA, Così promuoviamo sui social i nostri “strumenti da scrittura”

Parrebbe quasi una contraddizione in termini. E invece, attraverso l’adozione di efficaci strategie e tecniche di comunicazione-promozione nel digitale, la storica azienda di penne stilografiche Montegrappa può vantare rapporti privilegiati con i suoi estimatori anche sui canali social. E anche i riscontri commerciali sono lusinghieri.

A colloquio con Diana Aquila, responsabile marketing di Montegrappa

Accompagnata da Rufus, un simpatico e discreto chihuahua a pelo lungo, Diana Aquila ci accoglie nella luminosa boutique di Montegrappa, storica ditta bassanese (fondata nel 1912) alla quale la sua famiglia ha saputo imprimere negli ultimi decenni uno straordinario slancio.

Diana Aquila, Head of Marketing di Montegrappa: una formazione prestigiosa al servizio delle penne stilografiche

L’accento lievemente contaminato da un’inflessione meneghina ha il compito non facile di spiegarci come un’azienda che produce “strumenti da scrittura” riesca, in un’epoca fortemente segnata dal digitale, a guadagnare quote di mercato e a imporsi con inconfutabile successo nei mercati internazionali.

Formatasi come fashion stylist al prestigioso Istituto Marangoni di Milano (un tempio della moda), ha gestito per circa quattro anni sempre nel capoluogo lombardo il negozio Montegrappa di via Borgospesso, laterale della centralissima via Montenapoleone.

“Un’esperienza importante, una sorta di battesimo del fuoco nel mercato della scrittura. Ma soprattutto un mondo davvero particolare, nel quale mi sono trovata a lavorare a diretto contatto con la clientela, potendomi fare un’idea chiara dei montegrappisti.

La clientela di Montegrappa: creativi, appassionati, rigorosi e attenti ai dettagli

Persone dalla fisionomia ben definita: sofisticate, creative, con uno spiccato senso estetico, spesso amanti dei prodotti di lusso, ma al tempo stesso rigorose e attente ai dettagli. In gran parte collezionisti che considerano le penne dei veri e propri tesori e che le usano con estrema cura, a prescindere dalla loro serie di appartenenza. Che, di norma, viene distinta fra regolari, limitate e limitatissime”.

Forte dell’esperienza sul campo e della preparazione acquisita attraverso il suo percorso di studi, Diana Aquila opera ora a Bassano, in veste di head of marketing, nello storico stabilimento di via Ca’ Erizzo, lungo il Brenta e a nord della città.

In un’era digitalizzata, la ditta storica Montegrappa si afferma con successo nei mercati internazionali

L’azienda, ci spiega, dispone di una rete internazionale di distributori, con i rispettivi agenti, e di diversi negozi monomarca (le boutiques), fra i quali spicca quello di Bassano, meta di visite da parte di cultori provenienti da ogni parte del mondo. In realtà, poiché tutto viene prodotto in casa, l’intera ditta (reparti produttivi compresi) è oggetto del pellegrinaggio di appassionati.

Scelta fortemente voluta e in linea con una tradizione che si mantiene intatta con il passare degli anni. Se infatti la fondazione di Montegrappa risale ai primi del secolo scorso, la particolare filosofia che l’ha caratterizzata per decenni è stata poi condivisa da Leopoldo Tullio Aquila, i cui rapporti commerciali con l’azienda cominciarono nel 1938, quando iniziò a sviluppare numerose produzioni su commissione.
Fu poi nel 1981 che la famiglia Aquila rilevò la ditta.

Configuratore personalizzato e factory tour: un’esperienza immersiva nella storia e nell’arte di Montegrappa

“A proposito di strategie commerciali azzeccate, per così dire, un posto d’onore spetta al nostro configuratore, recentemente introdotto e subito molto gradito dai clienti, che possono ora personalizzare al massimo il prodotto in funzione della loro sensibilità e del loro gusto.

Ma pure i factory tour (che si svolgono al mercoledì, con una frequentazione di circa quattro / dieci visitatori alla volta) rivestono una significativa importanza, contribuendo ad aumentare il livello di fidelizzazione dei montegrappisti, che possono così conoscere nel dettaglio la nostra storia e ammirare le creazioni più iconiche: un percorso che si conclude immancabilmente nella Sala delle Eccellenze, il museo
aziendale. Con una punta di orgoglio possiamo affermare che Montegrappa crea attrazione e porta turismo a Bassano”.

Si tratta sicuramente di formule molto efficaci, per non dire vincenti. Ma, dal punto di vista strettamente digitale, come state curando la vostra promozione? “Siamo presenti su tutti i canali social: Facebook, Instagram, Youtube, Linkedin, Twitter. E, da poco, abbiamo aperto un profilo anche su Tik Tok. Bisogna però considerare che il nostro target principale è costituito da utenti oltre i quarant’anni e, in generale,
abbastanza distanti dal mondo dei social. Nonostante tale peculiarità, la pagina Facebook è seguita da
circa centomila persone, quella Instagram da cinquantamila.

Una presenza, quella sui social, alla quale sicuramente teniamo, senza tuttavia volerne divenire schiavi.
In effetti utilizziamo questi media soprattutto in funzione di specifici obiettivi, come in occasione delle
campagne di lancio dei nuovi prodotti: circa tre o quattro al mese.

Socializzare con i montegrappisti: fidelizzazione e conoscenza della storia di Montegrappa

Il linguaggio, adeguato a ogni tipo di social, si avvale di una comunicazione strategica sulla base di un piano editoriale, mentre il lancio mirato a promuovere le collezioni viene fatto attraverso campagne di advertising, Paese per Paese.

Nell’ambito del mail marketing, invece, lo strumento più performante e oggi irrinunciabile è rappresentato dalla newsletter, che inviamo regolarmente a circa cinquantamila contatti. I testi, abbastanza tecnici e non proprio cortissimi, sono comunque molto graditi dai montegrappisti, che amano ottenere informazioni esaurienti, per poi eventualmente raccontarsi e scambiarsi dati, pareri, perfino emozioni. È anche per questo motivo che abbiamo preferito non aprire una community, ma supportare quelle dei nostri amici pennaioli”.

Avete profilato la vostra clientela?

“È un’operazione che conduciamo con molta discrezione attraverso la traccia degli acquisti online e dei contatti diretti. Nei rapporti con la rete vendita, alla presentazione delle collezioni, vengono invece raccolti utili feedback sul prodotto”.

Quanto incidono le licenze, come per esempio nel caso delle penne marchiate Fifa in occasione dei Mondiali 2022, nella vostra produzione?

“Si tratta di un peso rilevante, fondamentale implementazione delle vendite. Soprattutto se viene associato alla forte presa emozionale che le nostre penne suscitano sempre in chi le sceglie;
che non è un cliente in senso stretto, ma una persona che condivide i valori della marca identificandosi
con essi. D’altro canto, in ogni nostro strumento è presente il tocco umano. Ed è nostro desiderio che
sia percepito. Una sorta di sentimento che si propaga anche nei nostri mercati principali: Stati Uniti,
Medio Oriente, Cina e Italia”.

Quanto conta la creatività nel vostro lavoro?

“È il presupposto essenziale, la conditio sine qua non. Anche se poi l’idea deve necessariamente essere supportata dalla sapienza tecnica: microfusioni, incisioni a bulino, smaltature a freddo, miniature, incastonature… la nostra attività si avvicina molto alla gioielleria e all’orologeria”.

In chiusura, due parole sul sito…

“Possiamo dire che si divide in due anime: istituzionale, legata alle sollecitazioni/suggestioni delle newsletter, ed e-commerce.

Da quest’ultima, spinta attraverso le campagne e le promozioni sui social, abbiamo ottimi riscontri, anche grazie all’introduzione del configuratore che fornisce un servizio su misura. Dalla gestione one-to-one, infatti, risulta che sono molto gradite le serie limitate e la possibilità di personalizzare”.

I prossimi obiettivi…

L’intrapresa di un percorso virtuoso orientato all’economia circolare e all’ecosostenibilità: cioè produrre e progettare secondo i dogmi della green-economy!”.

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Come comunicano le aziende, il caso Baxi

Silvia Bordignon, responsabile Comunicazione e Trade Marketing di Baxi, azienda che eredita la quasi centenaria tradizione della Smalteria e Metallurgica Veneta e che attualmente progetta e produce caldaie e sistemi per il riscaldamento e climatizzazione ad alta tecnologia. Recentemente questa rilevante industria bassanese è balzata agli onori della cronaca internazionale per la realizzazione di una caldaia domestica a idrogeno puro, prodotto tramite energia rinnovabile e senza emissioni di CO e CO2.

Quali sono stati gli esordi in Baxi?

“Lavoro in questa realtà dal 2000. Inizialmente avrei dovuto operare nell’ambito dell’Ufficio Commerciale Estero, settore radiatori. Proprio allora, però, si decise che ogni azienda del gruppo si focalizzasse sul proprio core business: nel nostro caso, le caldaie.

Così, in alternativa, mi venne proposto un tirocinio in quella che era, ancora in embrione, un’unità destinata allo sviluppo del marketing e che corrispondeva all’Ufficio Promozione per l’Estero. Al
termine dell’apprendistato, entrai in forze in quella struttura e realizzai uno dei miei primi lavori (avvalendomi di una fiammante tastiera in cirillico): un volantino studiato ad hoc per promuovere scaldacqua elettrici in Russia!”.

Qual era la situazione commerciale a quell’epoca?

“Fra il 2000 e il 2008 abbiamo vissuto anni di grande espansione, soprattutto nei mercati esteri.
In azienda si respirava un’aria davvero effervescente, al punto che si decise di fondere gli Uffici Promozione Estero e Promozione Italia e di dare vita, nel 2005, alla Divisione Marketing: quella
che oggi si chiama Sales and Marketing”.

Quali sono le sue attività nell’ambito della Comunicazione e del Trade Marketing?

“Il nostro principale target è costituito dagli installatori. A loro, che hanno l’opportunità di influenzare e governare le scelte degli utenti finali (i consumatori) si rivolge principalmente la nostra comunicazione. Siamo quindi nel contesto del B2B, ossia del commercio interaziendale.

Nello specifico si tratta, per quanto attiene all’ambito domestico, di idraulici; mentre, per quello professionale, di progettisti (ingegneri e architetti), che consideriamo opinion leader.
Ovviamente il linguaggio che adottiamo varia in funzione dell’interlocutore. Nel caso dell’idraulico ci rivolgiamo al privato, in quello del professionista all’azienda. Pure con il grossista il rapporto è improntato a grande dialogo e collaborazione.

Non bisogna infatti dimenticare che la catena distributiva passa per quattro anelli: dall’azienda (noi) al grossista, all’installatore e infine all’utente”.

Fidelizzare l’installatore è dunque un obiettivo primario…

“Certamente. Un target che perseguiamo attraverso diverse strategie. Dal 2013 al 2017, per esempio, abbiamo organizzato i Baxi Expo, dei roadshow che hanno incontrato un notevole successo: incontri itineranti, a invito, con gli installatori di un preciso territorio. Una modalità efficace per sviluppare rapporti
diretti con loro in location individuate direttamente da noi (particolarmente riuscito quello svoltosi a Roma, al Salone delle Fontane dell’Eur), nei quali venivano presentate – per aree tematiche – pillole informative di specifico interesse.

Dunque, una formula di comunicazione BTL (Below the line), rivolta cioè a uno specifico gruppo di utenti
(gli installatori) e non veicolata su larga scala attraverso i media tradizionali. Nel complesso si è trattato di una linea d’azione vincente, completamente elaborata dalla nostra Direzione Marketing”.

Anche un’occasione importante per conoscere gli installatori…

“Ne abbiamo contattati circa dodicimila, tutti regolarmente profilati: dati che sono stati poi inseriti in un software CRM (Customer Relationship Management) per la gestione di idonei rapporti e interazioni con
loro. E, soprattutto, per l’avvio di LunaTeam, uno specifico programma di fidelizzazione che annovera circa 2000 installatori.

Ciò ci ha permesso di raggiungere i consumatori finali che, visitando il nostro sito, possono consultare l’elenco degli installatori fidelizzati Baxi, zona per zona”.

Quali canali di comunicazione utilizzate per rivolgervi all’utente finale?

“Dipende dall’utente. Di norma per i privati utilizziamo social come Facebook o Instagram, sui quali veicoliamo campagne di sensibilizzazione orientate a illustrare le tecnologie Baxi e i vantaggi offerti, per esempio, dalle nostre caldaie a condensazione piuttosto che dalle pompe di calore. Oppure consigli utili,
supportati da appositi video, come nel caso della campagna Seven tips, con varie soluzioni a favore del risparmio in bolletta. Con i professionisti ci avvaliamo di Linkedin e impieghiamo il Direct mailing con le Newsletter. Per certe campagne desensibilizzazione ci serviamo anche di GoogleAds

Venendo alla stampa e ai mezzi tradizionali, come vi muovete?

“Curiamo varie campagne Adv (Advertising) principalmente su riviste di settore: testate tecniche alle quali sono solitamente abbonati gli installatori. Ma sono decisamente importanti anche gli incontri con i giornalisti, che ci seguono con una buona disponibilità e con i quali possiamo vantare relazioni di lunga durata: ritengo infatti che abbiano compreso la serietà dei nostri messaggi, sempre legati a contenuti rigorosi e di rilevanza scientifica”.

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cosa è un software crm

Che cosa è un Software CRM

I CRM sono software di gestione delle relazioni, generalmente si intendono relazioni tra clienti, pazienti, fornitori etc. Questa tipologia di software è necessaria per organizzare le informazioni di contatto, gestire relazioni, tracciare interazioni e l’intero rapporto con i clienti attuali e potenziali.

I software CRM sono quindi dei sistemi di gestione delle relazioni tra contatti, strumenti che aiutano a gestire i contatti e le vendite.

Quando si parla di software CRM, si possono intendere tre cose:

  • CRM come tecnologia: si tratta di un prodotto tecnologico, spesso basato sul cloud, che i team utilizzano per registrare, analizzare e creare report sulle interazioni tra l’azienda e gli utenti. Viene chiamato anche sistema CRM o soluzione CRM.
  • CRM come strategia: si tratta della filosofia di un’azienda in merito al modo in cui dovrebbero essere gestiti i rapporti con i clienti esistenti e i clienti potenziali.
  • CRM come processo: consideralo come un sistema adottato da un’azienda per consolidare e gestire tali rapporti.

Che cosa fa un software CRM?

Il software CRM registra le informazioni di contatto dei clienti, come indirizzo e-mail, numero di telefono, profilo sui social media e molto altro. Può anche ottenere automaticamente altre informazioni, come notizie recenti sull’attività dell’azienda, e può memorizzare dati quali le preferenze personali dei clienti sulle comunicazioni (meglio via email o via telefono? etc.).

Il sistema CRM organizza queste informazioni per offrirti un resoconto completo su persone e aziende, in modo che tu possa meglio comprendere l’evoluzione della rete di interazioni della tua azienda.

Il software CRM migliora la gestione dei rapporti con i clienti creando una visione a 360 gradi° del cliente, registrando le loro interazioni con l’azienda e mettendo a disposizione le informazioni necessarie per avere con loro conversazioni più fruttuose.

email marketing cos'è e come conviene farlo clink digital team

Che cos’è l’email marketing, perché conviene e come farlo…

Che cos’è l’email marketing?, rispondere a questa domanda potrebbe sembrare semplice e immediato: L’invio di pubblicità tramite email! La risposta, però non è proprio così scontata come potrebbe apparire. Infatti se provassimo ad articolarla un pochino potremmo dire che, l’email marketing è l’uso della posta elettronica utile per promuovere prodotti e/o servizi al fine di sviluppare relazioni con potenziali clienti. Si tratta essenzialmente di posta diretta e mirata a terzi, realizzata elettronicamente (email) anziché mediante l’utilizzo del servizio postale tradizionale.

In questo articolo proveremo a spiegare nel dettaglio cos’è l’email marketing, quali sono i suoi vantaggi e quali invece i metodi per realizzarlo in maniera efficace e i relativi confronti con differenti forme di marketing alternativo.

Analizziamo anche quali sono gli svantaggi, gli errori più comuni dell’email marketing, e perché in conclusione valga davvero la pena affidarsi a dei professionisti.

Che cosa è l’email Marketing?

Le aziende inviano ogni giorno decine se non centinaia di email di natura differente: conferme d’ordine, risposte dirette alle domande dei clienti etc. In effetti ogni mail inviata da un’azienda ad un cliente, potrebbe essere considerata una forma di email marketing, tranne che in rarissimi casi. L’Email marketing è un segmento di internet marketing, che comprende il marketing online tramite siti web, canali social, blog, e altro ancora.

Ci sono varie forme di email marketing che possono includere newsletter con aggiornamenti sulla società, promozioni di vendite e offerte esclusive per gli abbonati o iscritti. Le email di marketing possono anche cercare di condividere un messaggio generale per conto dell’azienda. Ad esempio gli auguri per una festa ricorrente, gli auguri di compleanno ad un iscritto.

Uno degli obiettivi dell’email marketing è consentire alle aziende di mantenere i loro clienti informati e adattare i messaggi di marketing per uno specifico segmento di pubblico. Il solo limite è quello di rischiare di allontanare i clienti con continue e fastidiose email di spam.

I due maggiori vantaggi dell’email marketing sono prezzo e facilità.

Il prezzo è altamente concorrenziale rispetto ad altri tipi di marketing. L’uso di email si può considerare senza ombra di dubbio il modo più economico per pubblicizzare un’azienda ei suoi prodotti o servizi.

La facilità di utilizzo è tale da consentire l’accesso, l’utilizzo e il monitoraggio anche alle più piccole imprese.

Come funziona l’email marketing?

Oggi una delle attività più comuni e di successo è diventato: inserire un’opzione di iscrizione alla newsletter al sito web, che consiste per un’azienda nel fare in modo che un numero sempre in crescita di persone e clienti possano entrare a far parte della propria newsletter aziendale, al fine di poter raggiungere e affiliare un’utenza sempre maggiore. Diventa così più semplice indirizzare i clienti anche alla newsletter dai profili di social media dell’azienda ampliando la comunicazione e favorendo lo sviluppo.

Quanto detto finora sembra risultare d’immediata comprensione e di facile attuazione, al punto da indurre ad una rapida conclusione: Che bello, è così semplice che posso fare email marketing da solo! In teoria sarebbe possibile, ma in pratica altamente sconsigliabile, in quanto affinché le tue email non corrano il rischio di essere ricevute ma non lette, o nel peggiore dei casi che l’utente possa cancellarsi definitivamente dalla mail list, sarebbe consigliabile affidarsi a dei professionisti del settore che studiando le migliori strategie, e creando dei contenuti di elevata qualità, possano notevolmente aumentare la probabilità che le tua comunicazioni via email vengano notate e prese seriamente in considerazione.

Che cos’è una newsletter?

Prima abbiamo parlato di newsletter, vediamo adesso che cos’è. Per farla semplice, una newsletter è un messaggio inviato via email in modo ricorrente ad una lista di iscritti per tenerli aggiornati. La newsletter ha una grafica e un layout ben preciso che solitamente è conforme con lo stile comunicativo dell’azienda che la invia.

Ci possono essere vari tipi di newsletter, può essere un’email promozionale progettata per evidenziare l’ultima novità di un brand e/o dei suoi prodotti, oppure può includere contenuti editoriali. Importante, la newsletter deve essere inviata in rispetto della normativa sulla privacy (leggi il nostro articolo “Cos’è la Privacy e perchè è importante)”.

Una newsletter regolare è un modo semplice ed efficace per inviare aggiornamenti su un’azienda, prossimi eventi e offerte speciali. Attraverso dei software dedicati è possibile addirittura programmare email promozionali personalizzate e automatizzate rivolte, ad esempio, a nicchie di clienti come coloro che non hanno effettuato acquisti di recente o che comprano solo determinate categorie di prodotti.

Email marketing conviene farlo nel 2022?

Può sembrare strano che nel 2022, considerata era dei social media, ci venga chiesto ed addirittura consigliato di scrivere email quale strumento privilegiato di marketing. Tuttavia, esistono dati statistici che dimostrano che rimane un aspetto importante degli sforzi di marketing. Studi delle principali piattaforme di email marketing indicano che questo tipo di marketing restituisce una media di 40€ per ogni 1€ speso.

Inoltre i sondaggi rilevano che il 59% dei clienti è influenzato dalla posta elettronica quando si tratta di decisioni di acquisto.

Si stima che l’email marketing abbia un tasso di conversione del 2,3%, rispetto all’1% per i social media.

Il vantaggio della posta elettronica rispetto ai social media è che i clienti hanno maggiori probabilità di vedere una email rispetto ad un post sui social media. Questo è dovuto al fatto che postare qualcosa sui social media non significa che vedano il messaggio proprio quelli che vorremmo raggiungere. Mentre un’email rimane in una casella di posta fino a quando non viene letta (o cancellata).

Una buona strategia di marketing impone che l’email marketing vada di pari passo con i social media.

Quindi, conviene questo tipo di marketing?

Come abbiamo visto, l’email marketing è una soluzione efficace e collaudata. Ha dimostrato nel tempo di essere solida ed affidabile, per qualsiasi tipo di azienda e per ogni diverso prodotto o servizio. Può con tutta onestà considerarsi, qualunque siano gli obiettivi di un’azienda, il miglior modo per trasmettere un messaggio diretto e funzionale allo scopo a più persone possibile in contemporanea.

Le email inviate non devono necessariamente perseguire il tentativo di vendere qualcosa. Possono e devono essere utilizzate anche per condividere il feedback dei clienti, come le storie di successo, le recensioni migliori, ecc. o anche per costruire un rapporto continuativo di fedeltà, condivisione e crescita. Un altro utilizzo dell’email marketing è quello di creare delle email educative per aiutare ulteriormente i clienti, gli iscritti o gli abbonati, ad avere una migliore comprensione del proprio prodotto o servizio.

Nel futuro sicuramente le campagne di email marketing non saranno abbandonate o superate. Lavoreranno ancora più in sinergia con le campagne di social media marketing per implementare e ottimizzare l’impegno e l’obbiettivo comunicativo di ogni azienda..

quanto sfruttiamo i social?

Quanto sfruttiamo, o siamo sfruttati dai social?

Se si considerano i social come canali nei quali comunicare qualcosa, senza farsi influenzare dal numero dei like che si ricevono, si può gestire uno strumento davvero importante e utile.

Quanto sfruttiamo, o siamo sfruttati dai social? La domanda ha effettivamente una sua ragione, perché la linea di demarcazione è piuttosto labile, non facile da individuare.

Da un lato, infatti, siamo noi a utilizzare i social, beneficiando delle loro immense potenzialità; dall’altro però, magari senza nemmeno rendercene conto, prestiamo il fianco a possibili impieghi speculativi. Notizia di questi giorni: una nota star dì Hollywood, con un seguito di milioni di follower, ha deciso di abbandonare i social per la salvaguardia della sua salute mentale. Non riusciva a reggere il peso dei giudizi negativi (ma anche di quelli positivi) che venivano dati su di lei. D’altronde il fenomeno è noto e può colpire chiunque frequenti con una certa visibilità la rete.

Con il tono giusto si può dire tutto, con quello sbagliato nulla: l’unica difficoltà onsiste nel trovare il tono.” – George Bernard Shaw

Si tratta di opinioni e pareri Qualche pratico consiglio di sopravvivenza rilasciati frettolosamente, spesso superficiali o privi di fondamento, che per quanto si cerchi di essere impermeabili possono incidere (anche pesantemente) sul nostro sistema nervoso. Ne sanno qual cosa gli psicologi.

Cosa fare allora? Come difendersi dai social?

È il caso di abbandonare i social, non pubblicare più nulla e limitarci a restare spettatori degli altrui post? Si ironizza spesso sul fatto che, in un certo senso, un utente social guarda dal “buco della serratura”, osserva silenziosamente quasi nell’ombra – ciò che gli altri pro pongono o gli vogliono proporre.
Peraltro, lo stesso utente può decidere di “scendere in campo”, mostrando qualcosa di sé e della sua vita.

Prima di iniziare a pubblicare, la domanda da porci è: a cosa servono i social?

Prima di iniziare a pubblicare, però, la domanda che dobbiamo porci è a cosa servano i social. Sembra banale, ma se ci daremo una risposta attendibile e sincera, forse potremo prendere dal mondo digitale quanto di buono esso offre.

Se si considerano i social come canali nei quali comunicare qualcosa, senza farsi influenzare dal numero dei like che si ricevono, si può gestire uno strumento davvero importante e utile.

In primis una stupefacente e facile opportunità di connessione con gli altri. Se infatti cominceremo a considerare i social come canali nei quali comunicare qualcosa di noi, senza farci influenzare dal numero di like che riceveremo, forse saremo in grado di gestire uno strumento che per noi stessi è davvero importante.

In fin dei conti anche noi siamo un brand.

Un esempio? Siete proprio sicuri che i vostri amici conoscano dettagliatamente il lavoro che svolgete e la vostra professionalità? Oppure il vostro pensiero su determinate questioni piuttosto che le vostre opinioni, gusti, passioni?

Desiderare far conoscere ad altre persone tutto o parte di ciò che fa parte del nostro bagaglio di conoscenze (luoghi, emozioni, esperienze), e volerlo condividere e “donare” è sicuramente un bel gesto. Attenzione però: non dobbiamo aspettarci nulla in cambio se lo facciamo saltuariamente.

Se invece pubblichiamo con coerenza e frequenza quegli aspetti che aiutano gli altri a sapere qualcosa di più, la riconoscenza arriva. Questo è sicuro. Il digital, come detto, è davvero un ottimo strumento per fare ciò. Ma se invece ci “mettiamo alla berlina”, esponendoci così al giudizio altrui (spesso soggettivo), allora il “gioco” può diventare un po’ pericoloso.

Quanto sfruttiamo i Social: Un solo linguaggio per tutti i social?

Un’altra domanda che dobbiamo porci è se si possa utilizzare lo stesso linguaggio in tutti i social.
La risposta è no. Ogni canale è infatti seguito e praticato da un determinato pubblico. Ne consegue che la comunicazione è differente.

Facebook, per esempio, è frequentato da persone con età superiore a quella degli utenti di Instagram, network che privilegia le immagini e, in particolare, i video.

Qui si possono trovare sempre più reel, cioè video brevi, che si possono guardare a schermo intero sul cellulare o mobile. Oggi le persone prediligono il mobile al computer o al tablet: su questo dispositivo un testo lungo e con immagini poco attrattive determina sicuramente un interesse inferiore.

Questo tipo di comunicazione è ancora più spinta su TikTok: l’età media dei suoi frequentatori si abbassa ancora e si interagisce solo attraverso i video.

Il discorso si ribalta su Twitter, sul quale converge un target di persone interessate a leggere notizie, testi brevi e immagini esplicative.

LinkedIn è il canale professionale per eccellenza, dove si possono trovare notizie e condividere approfondimenti con gli addetti ai lavori: è trasversale e il linguaggio utilizzato è diverso da
quello degli altri social.

Come sfruttare bene i Social

Per sfruttare appieno le potenzialità offerte dal digitale è necessario adottare un linguaggio adeguato

ma la cosa più importante è scegliere il canale più in linea con il nostro “stile” e le nostre esigenze. Per farlo dobbiamo però avere un “posizionamento”, allo stesso modo di come si opera con i marchi di prodotti.

In fin dei conti anche noi siamo un brand: si parla in questi casi di Personal branding, materia di studio e applicazione trattata.

Se desideriamo farci riconoscere ed essere apprezzati per alcune nostre caratteristiche, è quindi su questi elementi che dobbiamo concentrare il nostro piano di comunicazione.

Con una programmazione precisa degli argomenti da affrontare potremo “sfruttare” al meglio la forza del digitale, facendo in modo di essere meno “sfruttati”.

Stefano Falcone

cosa è la privacy aziendale e perchè è importante clink

Cosa è la Privacy Aziendale e perché è importante

Ormai tutti parlano di privacy aziendale, dell’obbligo di tutti gli imprenditori di adottare un modello di gestione, degli obblighi di informare i potenziali clienti, dell’obbligo di avere il consenso e delle sanzioni in caso di violazione.

Una gran confusione che genera incubi per chi di privacy non è esperto.

Per tale ragione si vuole tentare di dare alcune indicazioni pratiche per far comprendere di cosa parliamo quando trattiamo di privacy, in special modo di privacy aziendale.

Privacy Aziendale, che cosa è un dato

Il punto centrale della privacy è che i dati delle persone con cui veniamo in contatto sono considerati un bene prezioso che, come tale, va tutelato.

Sembrerà eccessivo ma anche conoscere il nome e cognome di una persona associato alla sua data di nascita e/ indirizzo è un dato che fa gola moltissime persone per scopi che possono più o meno lecite. Basti pensare alle ipotesi di truffe che si possano fare solo conoscendo tali dati o la possibilità di fare attività di merketing. Se poi il dato contiene dati sensibili della persona (dati sanitari e/o che rivelino elementi razziali della persona, orientamenti sessuali, politici ecc) appare evidente che tali informazioni potrebbero essere usati per ricattare o discriminare l’interessato.

Privacy Aziendale, quali obblighi per l’imprenditore?

Poiché il dato personale è un bene importante, la legge prevede degli specifici diritti delle persone ad essere informate di come verranno utilizzati i dati che sono forniti. Così come un obbligo da parte delle aziende di tutelare i dati delle persone e di utilizzarlo solo con determinati limiti scelti dall’interessato.

Pertanto ogni azienda, allorquando utilizza dei dati delle persone (sia essi clienti, fornitori che dipendenti), deve creare un modello o protocollo che garantisca che i dati siano gestiti in maniera lecita e siano tutelati.

Quale modello di privacy aziendale adottare

Non esiste un modello di gestione unico in quanto ogni azienda deve crearne uno sulla base di dati che concretamente vengono gestiti, di come si vogliono utilizzare e di come è organizzata la struttura. Una struttura sanitaria dovrà creare un protocollo di gestione dei dati molto più rigoroso rispetto ad un semplice commerciante. Appare altresì evidente che un grande commerciante che opera sul web e vuole utilizzare i dati anche ai fini commerciali dovrà creare un protocollo differente rispetto ad un piccolo imprenditore che opera solo fisicamente.

Privacy Aziendale, cosa si rischia

Se l’imprenditore non prevede un modello della privacy efficace le sanzioni possono arrivare sino a 20 milioni o al 4% del fatturato dell’azienda.

La privacy come opportunità per l’azienda

Adottare un modello di privacy aziendale non deve essere visto solo come un obbligo ma come una opportunità per l’azienda. Attraverso la predisposizione della privacy l’imprenditore:

  • dimostra serietà nei confronti dei clienti: chi affiderebbe un lavoro ad un soggetto che potrebbe dare a terzi i propri dati;
  • tutela il proprio know-how aziendale e le proprie informazioni commerciali;
  • tutela i propri beni aziendali;
  • responsabilizza i propri dipendenti e collaboratori;
  • alla possibilità di proporre ogni dato che può far identificare una persona come sia obbligatoria;

Si segnala un importante provvedimento emesso dal Garante della Privacy in data 10.06.2021 in tema di “Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 163 del 09.07.2021 ed entrato in vigore dal 09.01.2021.

Il predetto documento, oltre ad avere una funzione ricognitiva in relazione al diritto applicabile alle operazioni di lettura e di scrittura all’interno del terminale di un utente (con specifico riferimento all’utilizzo di cookie e di altri strumenti di lettura). Ha il merito di effettuare una sintesi tra le disposizioni della Direttiva 2002/58/CE (cd. direttiva ePrivacy), recepita nel nostro ordinamento all’art. 122 del D.Lvo 196/2003, con la disciplina contenuta nell’ormai noto Regolamento 2016/679 (di seguito Regolamento).

In particolare, il Garante della Privacy ha sottolineato che anche in tema di cookie debbano essere rispettati i diritti degli interessati così come riconosciuti dal Regolamento 2016/679. Imponendo, contestualmente, al soggetto titolare dei dati alla predisposizione di un modello che attui i principi di protezione dei dati sia dalla progettazione del sistema che attraverso l’attuazione di impostazioni predefinite (cd. privacy by design e by default) nonché al rispetto del principio di minimizzazione dei dati.

Nel provvedimento di cui in oggetto, ed in continuità con quanto previsto dall’art. 122 del D.Lvo 196/2003 (di seguito Codice), il Garante definisce i cookie come stringhe di testo che i siti web (cd. publisher o“prima parte”) visitati dall’utente ovvero siti o web server diversi (cd. “terze parti”) posizionano e archiviano all’interno di un dispositivo terminale nella disponibilità dell’utente (cd. identificatori “attivi”).

Analoghe funzioni possono essere svolte da altri strumenti che, pur utilizzando una tecnologia diversa (c.d. identificatori “passivi”), consentono di effettuare trattamenti analoghi a quelli svolti per il tramite dei cookie. Le informazioni codificate nei cookie possono includere dati personali, come un indirizzo IP, un nome utente, un identificativo univoco o un indirizzo e-mail, ma possono anche contenere dati non personali, come le impostazioni della lingua o informazioni sul tipo di dispositivo che una persona sta utilizzando per navigare nel sito.

I tipi di cookie e la privacy

I cookie possono dunque svolgere importanti e diverse funzioni, tra cui il monitoraggio di sessioni, la memorizzazione di informazioni su specifiche configurazioni riguardanti gli utenti che accedono al server, l’agevolazione nella fruizione dei contenuti online etc. Possono ad esempio essere impiegati per tenere traccia degli articoli in un carrello degli acquisti online o delle informazioni utilizzate per la compilazione di un modulo informatico.

In relazione alla loro funzione i cookie sono divisi dal Garante in cookie “tecnici”, cookie “analytics” e cookie di “tracciamento”. In relazione alla finalità dei cookie stessi il Garante ha sottolineato la necessità, o meno, di ottenere uno specifico consenso da parte dell’interessato e di gestire il dato con specifiche modalità.

Entrando nel merito del provvedimento il Garante ha indicato come cookie “tecnici” quelli utilizzati al solo fine di “effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica, o nella misura strettamente necessaria al fornitore di un servizio della società dell’informazione esplicitamente richiesto dal contraente o dall’utente a erogare tale servizio” (cfr. art. 122, comma 1 del Codice). Ai fini della privacy e degli obblighi di cui al Regolamento, tali cookie non richiedono l’acquisizione del consenso da parte dell’interessato ma vanno indicati nell’informativa di policy privacy contenuta all’interno del sito.

I cookie “analytics”, invece, sono indicati dal Garante come quelli utilizzati per analizzare l’attività del sito per verificare, ad esempio, il numero di utenti e il tempo di permanenza nel sito, l’area geografica la fascia oraria della connessione o altre caratteristiche. Tali cookie ai cookie tecnici solo se vengono utilizzati per produrre statistiche aggregate ed in relazione ad un singolo sito o una sola applicazione mobile.

Ove il cookie abbia le caratteristiche di cui sopra, non richiede l’acquisizione del consenso da parte dell’interessato ma vanno indicati nell’informativa di policy privacy contenuta all’interno del sito.

In ogni caso il Garante, sulla base del principio della minimizzazione dei dati ha specificato che, specialmente ove il Titolare del trattamento si avvalga dell’utilizzo di  aziende terze per analisi dei dati, gli indirizzi IP debbano essere mascherati almeno per la quarta parte e che le aziende di analisi si debbano formalmente astenere dal combinare i cookie analytics, così minimizzati, con altre elaborazioni (file dei clienti o statistiche di visite ad altri siti, ad esempio) o dal trasmetterli ad ulteriori terzi.

I cookie di “tracciamento”, infine, sono indicati dal Garante come quelli utilizzati per ricondurre a soggetti determinati, identificati o identificabili, specifiche azioni o schemi comportamentali ricorrenti nell’uso delle funzionalità offerte (pattern) al fine del raggruppamento dei diversi profili all’interno di cluster omogenei di diversa ampiezza, in modo che sia possibile anche modulare la fornitura del servizio in modo sempre più personalizzato, nonché inviare messaggi pubblicitari mirati, cioè in linea con le preferenze manifestate dall’utente nell’ambito della navigazione in rete. Tali cookie necessitano di un consenso da parte dell’Interessato.

Linee guida per la privacy aziendale

Con il provvedimento di cui in oggetto, il Garante della Privacy, in conformità del Regolamento, chiarisce che il consenso dell’interessato debba essere libero, specifico, informato ed inequivocabile. E’ sempre il Garante delle Privacy a chiarire che l’informativa debba essere resa:

  • con linguaggio semplice ed accessibile;
  • fruibile, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari;
  • anche in modalità multilayer e multichannel;
  • si può utilizzare un banner a comparsa immediata e di adeguate dimensioni che contenga:

    a) l’indicazione che il sito utilizza cookie tecnici e, previo consenso dell’utente, cookie di profilazione o altri strumenti di tracciamento indicando le relative finalità (informativa breve);

    b) il link alla privacy policy contenente l’informativa completa, inclusi gli eventuali altri soggetti destinatari dei dati personali, i tempi di conservazione dei dati e l’esercizio dei diritti di cui al Regolamento;

    c) l’avvertenza che la chiusura del banner (ad es. mediante selezione dell’apposito comando contraddistinto dalla X posta al suo interno, in alto a destra) comporta il permanere delle impostazioni di default e dunque la continuazione della navigazione in assenza di cookie o altri strumenti di tracciamento diversi da quelli tecnici.
  • Allo stesso modo il garante della Privacy chiarisce come debba essere acquisito il consenso. Il banner deve contenere;

    d) il menzionato comando (es. una X in alto a destra) per chiudere il banner senza prestare il consenso all’uso dei cookie o delle altre tecniche di profilazione mantenendo le impostazioni di default;
    e) un comando per accettare tutti i cookie o altre tecniche di tracciamento;
    f) il link ad un’altra area nella quale poter scegliere in modo analitico le funzionalità, le terze parti e i cookie che si vogliono installare e poter prestare il consenso all’impiego di tutti i cookie se non dato in precedenza o revocarlo, anche in unica soluzione, se già espresso.

Al riguardo, è buona prassi l’impiego di un segno grafico, una icona o altro accorgimento tecnico che indichi, anche in modo essenziale, ad es. nel footer di ogni pagina del dominio, lo stato dei consensi in precedenza resi dall’utente consentendone l’eventuale modifica o aggiornamento. Tale area dedicata alle scelte di dettaglio dovrà essere raggiungibile anche tramite un ulteriore link posizionato nel footer di qualsiasi pagina del dominio ove quest’ultimo potrà sempre modificare le proprie scelte. Non sono ammissibili ai fini del consenso lo Scrolling o il fenomeno del cd. Cookie wall. È fatto divieto, inoltre, ad ogni reiterazione della richiesta del consenso in presenza di una precedente mancata prestazione dello stesso.

Un nuovo consenso potrà essere richiesto all’interessato solo se:

  • mutano significativamente le condizioni del trattamento;
  • se è impossibile per il sito sapere se un cookie sia stato già memorizzato;
  • siano trascorso almeno 6 mesi dalla precedente presentazione del banner.

Oltre le specifiche indicazioni di cui sopra, restano, in ogni caso, valide tutte le disposizioni contenute nel Regolamento in tema di informativa da rendere agli interessati, dei diritti dell’interessato nonché delle responsabilità del Titolare del trattamento.

Il provvedimento del Garante della Privacy dimostra, ancora una volta, la necessità da parte del Titolare del trattamento di dover padroneggiare una disciplina tecnica estremamente delicata e complicata.

Pertanto, di dover creare una struttura adeguata che possa coadiuvarlo nella predisposizione e nella gestione del proprio sito internet al fine di aggiornarlo e adeguarlo secondo le disposizioni del Garante della Privacy anche alla luce delle nuove tecnologie applicate.

I nuovi lavori del Futuro, Il venditore digitale Stefano Falcone CLINK digital Marketing

I nuovi lavori del Futuro? Il venditore digitale

Si dice spesso che il mondo sta cambiando, se non che è già cambiato…

L’utilizzo delle nuove tecnologie nella vita professionale è sempre più pervasivo, tutti i settori stanno subendo una profonda trasformazione dettata dal digitale.
Così anche la parte marketing e vendite delle aziende deve adeguarsi per poter essere competitiva nei
mercati internazionali.
Quindi in molte imprese è necessario un cambio di paradigma ed un adeguamento infrastrutturale,
soprattutto nell’area commerciale, che in molte aziende non si è ancora del tutto attuata.
In particolar modo per poter raggiungere mercati esteri si tende ad utilizzare sempre più strumenti e mezzi digitali, questo perché i clienti stesso li utilizzano per avere maggiori informazioni per lo sviluppo del proprio business.

Ciao Stefano quindi abbiamo delle nuove figure professionali che sono necessarie per rispondere a queste esigenze nuove del mercato?

Si, hai ragione Andrea, infatti iniziano a farsi spazio altre figure professionali come quello del Venditore
Digitale
(Digital Sales Manager) e il Digital Export Manager (DEM).

Chi sono?
Sono delle vere e proprie figure professionali, che da remoto, quindi in ufficio, ricercano ed entrano in
contatto e relazione con clienti attuali e soprattutto potenziali.

Ma quindi utilizzano l’e-commerce?
No, non operano attraverso e-commerce che di per sé è un altro canale di vendita dell’azienda più vicino
all’esperienza ed all’uso del consumatore finale. In questo caso il Venditore Digitale per l’estero (DEM)
s’interfaccia con clienti cosiddetti business.

Quale tipo di formazione deve avere un Digital Export Manager?
Il cosiddetto DEM dovrebbe avere delle competenze piuttosto trasversali: oltre ad avere abilità commerciali deve avere conoscenze delle lingue di più Paesi, oltre ad usi e costumi degli stessi e soprattutto avere dimestichezza con gli strumenti digitali ed informatici.

E la Scuola?
Quindi queste nuove figure professionali dovrebbero avere una multidisciplinarietà che poche scuole di
formazione al momento offrono e l’attuale forza lavoro deve probabilmente aggiornare ed integrare alcune di queste competenze al suo interno con dei corsi professionali.
Questo tipo di lavoro insieme ad altri che stanno nascendo saranno probabilmente i lavori del futuro se non già del presente.
È molto importante per poter essere competitivi in particolar modo a livello internazionale avere delle
aziende con professionisti in grado di poter interagire con potenziali clienti che utilizzano sempre più
strumenti digitali aggiornati ed evoluti.

Come si opera?
È importate avere motori di ricerca professionali per mappare il mercato, in altri termini più tecnici.
È necessaria una chiara individuazione dei potenziali clienti, dividendoli per segmento e categorie, in
modo molto rigoroso e cercando di capire quanto potrebbero valere.

Perché è così importante?
Avere ben chiaro il campo in cui si deve operare e costruire una strategia, in questo caso digitale è
essenziale, perché ti permette di capire cosa fare nel breve e medio-lungo periodo. Può capitare invece,
soprattutto per i mercati esteri, che manchi questo approccio strategico: visto che si conoscono poco, si
cerca di iniziare in qualche modo, per poi vedere di crescere. Questo alla lunga non consente una visione
completa dello scenario, con il rischio di perdere il focus.

E poi cosa succede?
Sai Andrea non ci si discosta molto dal lavoro tradizionale di vendita, la differenza è che la conoscenza e la relazione con i clienti avviene quasi tutta digitalmente

Ma non capisco come possa accadere.
Esistono ad esempio dei social media come Linkedin, di proprietà di Microsoft, che è specializzato nel
mondo professionale e dove una presenza ed un utilizzo appropriato ti consente di raggiungere i tuoi clienti obiettivo con una modalità differente, spesso più veloce ed ampia rispetto ad un sistema tradizionale.

I costi?
Sono molto inferiori rispetto a quelli sostenuti per far viaggiare i propri collaboratori o di partecipare a fiere in diversi Paesi del Mondo, dove non sempre capita che possa fermarsi al tuo stand un cliente interessato ai tuoi prodotti. Una strategia digitale permette invece una programmazione.
Insomma, sembra tutto molto semplice e facile?
Tutt’altro, è molto articolato e complesso: oltre ad avere competenze professionali specifiche, è
importante dotarsi anche di un sistema infrastrutturale adeguato, che sia in grado di supportare i numerosi dati e informazioni e che deve essere gestito per cliente e per Paese.
Ovviamente in modo dinamico e integrabile con l’Intelligenza Artificiale, che può aiutare di molto le
performance di raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Sembra proprio una rivoluzione del “vecchio venditore”.

Si un po’ lo è, ma è importante che intorno a questo cambiamento che possiamo dire epocale dell’area
vendite ci siano anche le altre funzioni aziendali che seguano, si adeguino e diano il giusto supporto. Come sempre si dice è la squadra che vince!

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stefano falcone clink il fenomeno del burnout sui social network

Il Fenomeno del Burnout

Il fenomeno del burnout🔥 Meglio non farsi bruciare…
In una discussione con clienti si valutava quali fossero i contenuti più di tendenza per ricevere maggiore engagement da parte dei follower…

Ma ci siamo chiesti poi è proprio questa la strada giusta?

L’algoritmo è interessato a mostrare solo i contenuti che ritiene più adatti per il pubblico e se ad un certo punto decide che i tuoi non lo siano più…Cosa succede?

Il fenomeno del burnout sui social network

Se pensiamo soprattutto ai più giovani che utilizzano canali come Instagram e TikTok su cui chiunque può diventare famoso in poco tempo ma, se l’algoritmo decide che quei contenuti non siamo più interessanti per il pubblico, la fama finisce presto.

La stessa cosa può succedere nel business dove è necessario seguire una strategia con degli obiettivi chiari e dove è importante ancor di più far emergere il proprio “carattere” e personalità” con maggior forza e distintività.

Quello che conta sono le persone che vogliono ascoltare/leggere quello che hai da dire non il raggiungimento effimero dei numeri.

Se dai qualcosa ricevi in cambio è una regola che vale dappertutto anche sui social…certo che se poi conoscendo come funzionano i diversi algoritmi, riesci forse anche a non alimentare il fuoco e bruciarti meno…😉🔥

#business#burnout#clink#metodoclink#ai#strategia#engagement#instagram#linkedin#tiktok#youtube

Dal Networking Digitale alla Vendita

Dal Networking Digitale alla Vendita

Un commerciale in fondo deve vendere non diventare famoso sui social

Così da un networking digitale passare alla vendita non è mai operazione così facile e scontata. La notorietà, i like e le visualizzazioni del proprio post sono tutti mezzi per arrivare a un fine: più contatti, quindi più trattative e di conseguenza più fatturato.

il Networking Digitale

Prima di tutto è importante creare un proprio networking che funziona come nel mondo off-line. Infatti, il digitale ci consente di aumentarne la velocità ed anche la diffusione delle nostre relazioni o meglio dei contatti, perchè prima che diventino relazioni è necessario un ulteriore passaggio la fiducia e la conoscenza della persona. In altri termini è forse più semplice connettersi con i vari strumenti che l’on-lime mette a disposizione. Poi per poter far diventare questi contatti dei lead ci vuole tempo, pazienza e soprattutto un lavoro continuo e meticoloso di comunicazione.

La creazione del networking è di vitale importanza per costruire poi i passi successivi che conducono alla vendita. Infatti, nella maggior parte dei casi si parte da persone che si conoscono professionalmente e con cui c’è già una conoscenza precedente per diverse situazioni creatasi. Per costruire una buona rete è necessario non perdere mai di vista gli obiettivi che si desidera raggiungere. Risulta così indispensabile la ricerca.

La Ricerca del Contatto dei potenziali Clienti

Esistono diversi modi e motori di ricerca disponibili per individuare i contatti dei potenziali clienti a livello internazionale. L’importante è l’attenta selezione della giusta persona. La scelta del lead con cui entrare in contatto, in particolar modo quando non si conosce bene l’organizzazione del cliente è vitale. Però prima di arrivare alla persona è importante avere chiara la mappatura dei clienti obiettivo.

Soprattutto, in mercati che non si conoscono in modo approfondito è necessario aver ben chiaro i player che operano. Poi non tutti i player possono essere giusti per il proprio business o prodotti che abbiamo in portafoglio. Quindi se non viene fatta un’attenta segmentazione è possibile poi che si fanno una serie di attività ed azioni che non convertono.

Dal Contatto alla Relazione Digitale

Terminato il punto precedente e dando per effettuata la segmentazione e selezione del parco dei potenziali clienti in uno specifico mercato, si passa all’identificazione del lead. Come già detto anche questa non è un’operazione banale proprio perché si conosce poco dell’organizzazione interna del cliente che si vuole raggiungere. Quindi è indispensabile porre molta attenzione, perché anche in questo caso si deve evitare che gli sforzi che si andranno a compere possano essere vani.

Infatti, l’importanza dell’individuazione del lead corretto è perché gli argomenti con cui si cercherà d’instaurare una relazione digitale siano poi di suo interesse. Facciamo un esempio se sto cercando un buyer di una catena distributiva che compra pasta devo essere abbastanza sicuro che si occupi degli acquisti della marca e non della private label, piuttosto che segua la pasta secca e non quella fresca. Il rischio appunto che l’interlocutore non sia affatto interessato alle mie argomentazioni, perché i occupa di acquisti di un reparto che non ha nulla a che fare con la nostra proposta.

Dalla Relazione Digitale alla Vendita

Sono proprio le argomentazioni il carburante da mettere nel motore delle relazioni. Infatti, per trasformare una relazione digitale in un rapporto più commerciale e d’interesse e necessario incuriosire il nostro interlocutore con una serie di contenuti idonei. Per questo motivo i punti prima elencati ovvero quello di costruire un auditorio fatto id persone interessate è di fondamentale importanza per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Ma per poter approfondire questa tematica necessita di approfondire in modo dettagliato la costruzione della relazione ed i fili proprio del telaio relazionale che si devono tessere.

Pertanto se interessati rimanete connessi ☺

Se invece, volete saperne di più su questo tema potete leggere il Metodo Clink